giovedì 16 ottobre 2008

Dubbi sul metabolismo del denaro

In questi giorni mi appassiona il pensiero della scomparsa del denaro.
Io lavoro duro, metto soldi in banca, per metterli al sicuro, e la banca poi ci fa quello che gli pare senza il mio permesso, li mette a rischio, li perde, li usa per azioni immorali che magari io non approvo.
Idea di base è quella di controllare cosa viene fatto con i miei soldi, ma cosa sono i soldi?
È il valore che io creo con il mio lavoro. No??

Allora in questi giorni negli spazi di tempo in cui ho avuto la mente libera (pochi) ho un po' pensato a un modo per scambiarsi valore tra le persone senza passare attraverso le banche, ho pensato parecchio alle banche del tempo.

E la cosa che mi è saltato all'occhio su questo diverso tipo di valore è che una volta speso non c'è più, mentre invece il denaro una volta che io lo spendo finisce in mano a qualcun altro da spendere.

E mi chiedo: è giusta questa cosa che il denaro seguiti circolare senza essere distrutto mentre invece tutte le altre risorse sono soggette all'inghiottimento, alla digestione, all'entropia?

C'è un contadino che produce un chilo di fagioli e un altro contadino produce un chilo ; entrambi scambiano con l'altro mezzo chilo del loro prodotto in modo che ognuno dei due abbia mezzo di chilo di zucchine e mezzo chilo di fagioli, ok?
Una volta che si sono mangiati tutto non rimane più nulla.

Mi chiedo quindi se il denaro non fa altro che crescere, man mano che la gente lo produce in certi periodi più velocemente, in certi altri periodi meno velocemente ma finisce per non distruggersi mai, e finisce sempre in mano alle banche che ci fanno quello che vogliono.
boh

venerdì 12 settembre 2008

sulla tristezza o sulla libertà

Oggi, sull "Internazionale" ho letto una frase detta da uno scrittore Rumeno di nome Mircea Cartarescu.
Diceva:
" [...] Mi considero soltanto un uomo molto libero e - dato che il prezzo della libertà è altissimo - molto triste [...] "
Diceva anche altre cose, ma a me ha colpito questo.

venerdì 29 febbraio 2008

il "blog" e la mia rilevanza reale e/o percepita



Ora ho il mio blog.
l'ho aperto in balia di un sentimento che potrebbe pure essere comune a tutti i bloggers...
(ma potrebbe pure non esserlo)
Questo sentimento si divide in due parti:
1) la sensazione di avere qualcosa da scrivere.
2) la sensazione che questo che io considero tale da essere scritto, possa risultare interessante da leggere per qualcun altro.
Una cosa narcisa, no?
Un sentimento di "semi rilevanza".
dico "semirilevanza" perché se uno considerasse pienamente "rilevante" quello che ha da dire, andrebbe in giro a dirlo assumendosi il rischio di prendersi delle pernacchie.
Invece io scrivo sul blog, in fondo non disturbo nessuno,
ed il mio blog, in mezzo al milione di blog, è lì e potrebbe essere letto.
E se nessuno lo leggerà è uguale perché tanto io piu o meno non lo saprò, o comunque posso fregarmene abbastanza facilmente.
La probabilità che qualcuno legga qui, senza che sia io a mandarcelo è bassissima, e prendo come dimostrazione di ciò il fatto che io sia quì a scrivere blog e non a leggere blog.
Il mio sentimento di "semirilevanza" si nutre delle goccioline di questa piccina illusione.
Volendo fare un parallelo, si potrebbe dire che io che scrivo un blog sono come
uno che andasse in giro a parlare non a bassa voce (sennò sarebbe come scrivere un diario)
ma nemmeno declamando (sennò sarebbe come uno che vuole fare un comizio).
"Parlare quasi da soli" è l'espressione che mi viene in mente....
e che in fondo in fondo è un' attività che vedo praticata anche in molti altri modi più o meno sfacciati e più o meno sostenibili....
In fondo così facendo.... non sto obbligando nessuno a far finta di starmi a sentire,
mentre io mi illudo, no?

partenza

...La prossima settimana parto.
Bello,
bello;
vado a Buenos Aires, e ci rimarrò per poco più di 2 settimane.
Prima di partire voglio pulire bene casa.
Quando vado via per parecchi giorni, ho sempre paura di ritrovare al mio ritorno
della roba tipo "L' IMPERO DEI PESCETTI DELLA CARTA" .